il telefono squilla ma non hai intenzione di rispondere. mentre ascolto gli ultimi vagiti sordi dell'altoparlante penso a come mi sono comportato e che non è sempre facile perdonare l'errore di qualcun altro. riattacco, lo slide sbatte con violenza. lancio il cellulare sul letto, l'occhio segue i rimbalzi smorzati sul materasso fino a vederlo fermo faccia a terra.
forse avevi impostato la modalità silenziosa, forse non l'hai sentito per qualche strano motivo. fino a qualche giorno fa giocavo con i tasti, componevo qualche sms nella speranza di ottenere risposta. illuso. giocavo anche con la fantasia, immaginando l'attimo in cui saremo tornati a parlarci come qualche anno fa. allegri e felici mentre il mondo girava su se stesso prendendosi gioco di noi, delle nostre giovani menti.
io e te eravamo proprio come due bolle di sapone che danzano nell'aria. bellissime mentre piroettano assieme, ma quando si urtano, per caso o per necessità, scoppiano, e per questo devono allontanarsi, per poi esplodere comunque e rendersi conto che sarebbe stato meglio farlo assieme. eravamo due uomini-bolla. e ballavamo nel vento, ognuno come poteva.
adesso sembra tutto un po' più difficile, tutto un po' più complicato. mi piacerebbe che ti ricordassi almeno di farmi gli auguri per questi anni che mi porto appresso e che continuano ad aumentare, anche se non mi piace festeggiare. giusto un segno per dirmi che conto ancora qualcosa, che ti ricordi qualcosa di me. come qualche anno fa. una frase breve, di quelle scontate: andrebbe bene anche quello. non so cosa ti risponderei, non sarei preparato. penserei un po' e comunque non riuscirei a dirti quello che vorrei, in ogni caso. come un uomo-bolla mi terrei dentro quello che importa davvero, fino ad esplodere da qualche parte, da solo, in un luogo imprecisato.
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