tempo bizzarro, da queste parti. neve, sole, pioggia, nuvole, nebbia, nuvole, neve. aspetto seduto su una panchina sbiadita dalle troppe intemperie l'arrivo del mio Caronte color arancio vomito. le dita si intrecciano rilassate con il filo nero delle cuffie. conto distrattamente quante cilindriche dosi di veleno sono rimaste nel pacchetto blu, conoscendone perfettamente il numero. mentre infilo la mano in tasca per riporlo vedo il lento, mastodontico mezzo pubblico avvicinarsi ed aprire le sue tre bocche gigantesche e trangugiare ignari viandanti alabardati minuziosamente per proteggersi dal gelo invernale. non manca molto al mio turno. inghiottito...
con uno sbuffo svogliato il grande mostro chiude le sue fauci e riprende la sua marcia come se nulla fosse successo. sono piuttosto stanco per colpa del brusco risveglio, e decido di prendere posto e gustarmi il breve tragitto osservando quello che succede durante la digestione. il sedile è duro e mi gela il culo infastidendomi non poco. nel frattempo sono spuntati alcuni ciuffi ribelli, prima nascosti da lanosi berretti variopinti. code di cavallo e cerchielli di plasitica saltano fuori da cappucci ora afflosciati sulle schiene. una strana fauna popola questo stomaco di vetro, non più strana del sottoscritto che per un motivo non ben precisato ne fa parte. interagisce, ascolta, parla, guarda, cerca, legge, sbadiglia, respira, inarca sopraccigli e ride con prepotenza. le dita continuano a serpeggiare fra i cavi neri delle cuffie e gli occhi ad osservare.
sei seduta poco distante da me. sorridi cortesemente alla tua amica, la ascolti distratta mentre cerchi qualcuno fra la folla accalcata, qualcuno che non ha ancora un volto. la sciarpa scura ti avvolge il collo, l'hai sicuramente scelta per mettere in risalto i tuoi iridi verdi smeraldo. sulle gambe appoggiato un raccoglitore pieno zeppo di appunti, giallo intenso come i girasoli che mi piacciono tanto in estate, sicuramente troppo grande per la tracolla abbandonata sulle tue Converse logore per i troppi passi. da un angolo spuntano i jeans con l'orlo consumato, proprio come i miei. la tua amica continua con il suo inutile chiacchericcio e la stanchezza ti si legge in faccia mentre si mischia con la noia mattutina.
io sono contento della compagnia del mio lettore. non ho molta voglia di parlare, non in questo momento. so che a breve dovrò dispensare saluti e gentili convenevoli. mi sta bene, solo non adesso. per questo faccio finta di non vedere i miei due compagni di corso, non avremmo molto da dirci comunque. abbasso il berretto appena sopra gli occhi, come per nascondermi meglio. le ruote continuano a girare, le fermate a capitare sporadiche sulla nostra strada, le canzoni a cambiare. che storia ironica mi sta raccontando la canzone che sto ascoltando. parla di una ragazza che ancora sogna e di un ragazzo che invece a preso coscienza di come funziona quaggiù. di come lei sia cambiata e di come lui invece sia andato coraggioso per la sua strada. mia dolce rivoluzionaria dei Modena, bella canzone.
penso agli sms che dovrò scrivere quando la mia destinazione mi avrà costretto ad interrompere la corsa. mettersi in contatto, stringere relazioni, instaurare connessioni. te sempre distratta, io ancora svogliato. e con il culo congelato. è tempo di scendere ad affrontare le dieci ore di lezione quotidiane, e scusa se è poco. la bestia di acciaio riapre le sue bocche e rigurgita la folla precedentemente inghiottita. in mezzo alla calca vedo i tuoi capelli castani ondeggiare, il raccoglitore color estate sotto braccio. magari ci incontreremo lungo i corridoi o a prendere un caffè al bar, ognuno con i suoi amici.
decisamente una buona giornata, quella di oggi.
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