4 gennaio 2016

To Her - Remastered Edition


Visto che l'anno vecchio sta finendo ed il nuovo è dietro l'angolo ho deciso di fare pulizia fra le bozze del blog. A sorpresa, ho ritrovato un vecchio post che avevo rimosso a seguito di quella che oggi ritengo una semplice "scaramuccia fra bambini". Mi ha strappato un sorriso nella rilettura e quindi ho deciso di riproporlo. C'è dentro un po' de Il Piccolo Pricipe: un libro che mi lascia piuttosto indifferente, ma che contiene al suo interno qualche eterna verità sulle relazioni umane. 

Nonostante il pezzo fosse scritto abbastanza bene, almeno secondo la modesta opinione dei (pochi) lettori che erano capitati da queste parti, volevo cambiare qualcosa: rattoppare qualche strappo, ravvivarne il colore. Insomma, tirarne fuori qualcosa di buono grazie alla consapevolezza del poi. Ma in fondo un ricordo è un ricordo e nessuno ha il diritto di alterarne la percezione, neppure chi lo ha vissuto. Troverete solo qualche nuova pennellata qua e là per correggere qualche sbavatura, nulla più. Non mi sono mai lasciato cullare dalla nostalgia, quindi non aspettatevi malinconia, né rassegnazione. Sul fondo della bottiglia non si trovano sentimenti ma solo la consapevolezza della fine di una storia, come tante ce ne sono al mondo. 

Alla fine, parafrasando Murakami, quello che deve rimanere, rimane. Ma, più importante, quello che si deve perdere, si perde. 

Ed è giusto così.



To Her



Così il piccolo principe addomesticò la volpe.
E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" disse la volpe, "... piangerò".
"La colpa è tua", disse il piccolo principe,
"io, non ti volevo far del male,
ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."
"È vero" disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"È certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano"

Ricordo i suoi capelli color dell'estate che splendevano anche nelle giornate di pioggia. Il profumo di menta e dolcezza che l'accompagnava ogni volta che voleva mostrarsi ai miei occhi increduli. Ricordo il giardino nascosto ai piedi del castello, quasi fosse una fiaba medioevale. Ricordo la chiesa silenziosa sulla cima della collina, dove potevamo perderci nel silenzio della città. Ricordo la terrazza dove invece la città diventava nostra e nostra ancora. Ricordo il sottotetto caldo e afoso, in cui ci nascondevamo alla sera. Ricordo le labbra tinte di un rosa leggero leggero; i suoi occhi marroni e profondi che riflettevano la mia insicurezza. Ricordo le corse in macchina per prendere la corriera, perché per quanto durasse il pomeriggio il tempo non era mai abbastanza. Ricordo il guardarla nello specchietto della macchina allontanarsi di spalle, volerla rincorrere ma avere troppa paura. Ricordo osservarla girarsi e correre verso di me, e poi il nostro primo bacio.

Ricordo le rose gialle, i libri e i cd. Ricordo i litigi, il non essere mai abbastanza, il cercare qualcosa che distraesse da tutto il resto. Ricordo il prendere le cose troppo sul serio, le lacrime tinte di blu cobalto, la mia maglietta sporca. Ricordo le panchine e i prati, le parole che non le ho detto e quelle che invece avrei voluto. Ricordo le stelle che guardavamo mentre ero al telefono e sussurrava per non farsi sentire da chi le stava intorno, quasi avesse le labbra appoggiate al mio orecchio. Ricordo l'agitazione e la testardaggine, ricordo l'ansia e la disattenzione. Ricordo di averla persa da qualche parte nel mio continuo vagare, stanco del giorno e della notte. Ricordo l'esasperazione e il distacco.

L'altro giorno stavo leggendo una storia di cavalieri con armature brillanti, di draghi volanti, di torri dimenticate ornate da edera verde e di principesse dalle lunghe trecce. Cercavo fra le righe il lieto fine, dove ogni paura svanisce e il coraggio viene ripagato. Prima ancora che potessi terminare la mente ha cominciato a vagare e l'immaginazione ha risucchiato ogni parola scritta nel suo vortice di magia e disincanto. Cercavo il mio e il suo volto assieme ma non li ho trovati. Ero troppo occupato a combattere contro i mulini a vento per rendermi conto di cosa stava succedendo. Pensavo di sapere già la fine del racconto e per questo, di prendermi del tempo per conoscermi meglio. Ma le principesse non aspettano e i cavalieri si susseguono.

E io "non ho mai creduto che ci sia un lieto fine. Solo che prima o poi si termina al meglio che si può. Solo che nell'interagire sta sospesa la percezione dell'esserci". Volevo dire così tante cose che probabilmente sarei rimasto in silenzio ad osservare, come mio solito. Volevo riparare agli sbagli e agli errori perché vivo nel sogno irrealizzabile che alla fine qualcosa di buono può sempre succedere.

E noi? Noi dovevamo rubare parole alla notte, bruciare e ballare come un fuoco sulla spiaggia, riposare assieme come la rugiada del mattino sulle foglie assonnate, e poi rinascere ancora, temprati dal tempo, nella più colorata primavera delle nostre anime.

Nulla più.

Ma questa, che voglia crederci o no, è un'altra storia. Non più la mia.

" [...] Tu, tu avrai delle stelle come nessuno ha..."
"Che cosa vuol dire?"
"Quando tu guarderai il cielo, la notte,
visto che io abiterò in una di esse,
visto che io riderò in una di esse,
allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero.
Tu avrai, tu solo, delle stelle che sanno ridere!"
E rise ancora.
"E quando ti sarai consolato (ci si consola sempre),
sarai contento di avermi conosciuto.
Sarai sempre il mio amico. Avrai voglia di ridere con me.
E aprirai a volte la finestra, così, per il piacere...
E i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere
guardando il cielo. Allora tu dirai:
"Sì, le stelle mi fanno sempre ridere!"
e ti crederanno pazzo."T'avrò fatto un brutto scherzo..."
E rise ancora."Sarà come se t'avessi dato,
invece delle stelle,
mucchi di sonagli che sanno ridere..."
Antoine de Saint-Exupèry

Nessun commento: