degli stranieri hanno attraversato la mia strada. sembravano noncuranti, distratti, assorti in chissà quali lugubri pensieri. le facce contratte e tese vomitavano disprezzo. i loro occhi azzurri si riflettevano nel cielo, perdendosi di tanto in tanto. le loro espressioni crucciate esprimevano rabbia, puro e semplice rancore, come un cane bastonato che ringhia contro il bastone del padrone.
io sedevo in un angolo di speranza, con la schiena appoggiata ad una rete metallica. le ossa della colonna vertebrale stavano esplorando ogni singola maglia di quella recinzione, doloranti. non parlavo, non ne avevo voglia. stavo solo perdendo un po' di tempo prezioso, osservando il mondo di fuori, così diverso e complicato rispetto a quello di dentro. stavo filosofeggiando sul nulla, con una tranquilla nostalgia come compagna.
l'intrusione inaspettata mi ha risvegliato bruscamente, come un attacco epilettico ha colpito dritto dritto il cervello, disturbato il mio sonno cosciente. stavo disegnando paesaggi immaginari dentro la mia testa e ad un tratto sono diventati tutti grigio cenere, tristemente abbandonati dal loro creatore, così simili al di fuori che non riuscivo a trovare alcuna differenza. così spaventosi e grotteschi, che il cuore si è fermato e la gola chiusa di scatto. così funerei da emanare odore di cadavere. così tristi, da costringere gli occhi alle lacrime.
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