lo diceva anche Dante: nel mezzo del cammino si era perso per una selva oscura, poi è uscito a rivedere le stelle. chissà quanto brillavano ai suoi occhi.. dopo un giro fra fiamme e fuoco le nuvole del paradiso saranno state soffici come l'aria di una brezza estiva. un percorso di espiazione il suo, ma tanto Beatrice non gliela mollava lo stesso. sarà per questo che scriveva.. compensazione..
premio di consolazione: eletto padre della lingua italiana. Se avesse saputo mi sa che faceva a cambio! ma non è questo il punto..
le giornate estive si fanno attendere come primedonne. il clima rende a malapena sopportabile i doveri dettati dal buoncostume europeo. l'ennesima sigaretta spenta nel posacenere testimonia la voluttà dell'essere, viziato come un bambino di città. avido di tempi migliori consuma il suo contenitore come si consuma una saponetta di un bagno pubblico. degna fine di chi preferisce subire gli avvenimenti cercando un senso al dolore mai provato. le ore di sonno sottraggono piacere alla vita quando risultano inutili. dicevano che ogni cosa finisce con il ripetersi e divenire noiosa, tranne per chi ogni volta riesce a vederla con occhi nuovi. dicevano molte cose le persone accanto a me. raccontavano storie così belle da far sanguinare le orecchie, storie così luccicanti che desideravi rubarle alla loro prima distrazione. storie così coinvolgenti che ascoltarle non bastava, volevi viverle. erano storie di altri tempi, dove la principessa che abitava la torre più alta del castello era salvata da un cavaliere impavido, senza macchia e senza paura, che aveva combattuto contro draghi ed orchi malvagi pur di rubarle il primo bacio. è l'anocronistica sensazione di non poter competere con quelle fiabe che incrina l'armonia di ogni canzone ascoltata. quella sensazione di aver scelto posto e tempo con troppa leggerezza e doverne accettare l'errore. la sensazione di aver sentito qualcosa in lontananza che non corriponde a niente se non a un grido di aiuto. il voler mettersi in pari con il mondo perchè il mondo è ormai così e non si può cambiare, e allora cambiare se stessi per rimanere al passo, pur sapendo di morire lentamente per quasta decisione. lo specchiarsi e non ritrovare l'immagine di un tempo così familiare e gradita agli occhi corrotti dal fumo delle ciminiere che infestano la città.
e non provare più niente. e non sentire più niente. e non riuscire più a comunicare. la lingua articola le lettere sbattendo sul palato, ma suoni gretti e primitivi infastidiscono chi ascolta distrattamente il mio discorso.
le giornate estive torneranno a minuti per rallegrare gli uomori inaciditi dei vicini di banco. leggo chiaramente il cartello appeso alla porta: "torniamo subito", dice. mentre aspetto con impazienza, esco a fare due passi. se bussate e non rispondo, non preoccupatevi: torno subito..